Joy si sentì ancora tanto triste al risveglio. Il giorno precedente era iniziato male per colpa dalla discussione tra Maria e la nonna. Dopo aver trascorso un’oretta in camera era andata in cucina per il pranzo, qui trovò le due donne e Bachisio che l’aspettavano. Maria aveva preparato la pasta al sugo e Bachisio aveva tagliato del prosciutto crudo, come dolce c’erano gli amaretti. Era come se non fosse accaduto niente fra le due donne, anche se notava che fra i tre c’era una certa tensione. Dopo pranzo tutti insieme andarono a passeggiare per le strade del paese, anche per visitare un’anziana molto malata. Maria aveva preparato un piccolo vassoio con alcuni amaretti, nonna aveva raccolto dei fiori freschi in giardino e Bachisio era andato in cantina a prendere una bottiglia di mirto.
Arrivati ad una vecchia casa, Maria l’aveva
informata che lì viveva Tzia Bonaria, la madre del macellaio. Il tetto era
coperto da antiche tegole di argilla, e dal comignolo fuoriusciva un filino di
fumo grigio. Joy era sorpresa nel vedere una ventina di persone raggruppate
nella piccola cucina, gli uomini stavano vicino al caminetto, mentre le donne
erano sedute attorno al tavolo. Tutti parlavano a bassa voce.
Sdraiata su un letto sistemato in fondo alla cucina stava
la donna anziana. A turno Maria, Bachisio ed infine nonna Peppina si erano
avvicinati a Tzia Bonaria, le diedero un bacio sulla fronte per poi segnarsi
con la croce. Nonna Peppina costrinse Joy a prendere la fragilissima mano
dell’anziana, mentre tutti la guardavano in silenzio. Tzia Bonaria aveva aperto
gli occhi giusto per un attimo, erano neri e profondi come un pozzo senza né luce
né fine. La donna strinse la mano di Joy e le sussurrò qualcosa, ma la ragazza
non fu in grado di capire. Dopo un sospiro profondo Tzia Bonaria chiuse gli
occhi, e Joy vide le lacrime che irroravano lentamente gli aridi sentieri,
creati dalle sue profonde rughe.
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